Bus a Bologna, due uomini, uno con la pelle scura e uno marroncino non portano la mascherina, che è invece obbligatoria. Un uomo dalla pelle chiara, seduto più avanti rispetto a dove siamo sedute io e mia figlia, 9 anni, urla. Urla che quei due si devono mettere la mascherina, che questo è un paese civile, che devono tornare a casa loro, che qui le banane sono finite e che visto che vivono di banane devono andare altrove.
Senza nemmeno riflettere, dico per due volte a voce alta: “mascherina sì, razzismo no” intanto che una signora allunga una mascherina a uno dei due. A quel punto, chi urlava si alza: avrà 35 anni, alto, molto largo. Viene vicino a me e mia figlia e, restando in piedi, e quindi sovrastandoci, urla per almeno cinque sei minuti tutti gli improperi che può. Gli dico che non sono sorda. Qualcuno gli dice, ma solo dopo cinque minuti in cui non smette di urlare insulti a 5 cm dalla mia faccia, che non sta portando la mascherina, lui risponde che non ne ha bisogno.
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Noi accademici parliamo di ‘intersezionalità’: cioè di come le relazioni sociali abbiano luogo sempre e comunque attraverso l’interazione tra una serie di elementi sociali che costituiscono i nostri punti di forza e di debolezza, che interagiscono tra di loro ma – e questa e’ la parte interessante- interagiscono anche con i punti di forza e debolezza dei/delle nostri/e interlocutori/interlocutrici, che spesso cogliamo in maniera intuitiva.
Questi elementi sociali sono:
Ø il gruppo etnico di appartenenza che permette di stabilire se chi ci è di fronte appartiene alla maggioranza o a una minoranza. Essere parte della maggioranza tende a rafforzarci. Che il nostro interlocutore non faccia parte della maggioranza spesso lo capiamo dal colore della sua pelle, dal suo aspetto fisico, dal modo in cui parla, in cui si veste … In relazione a questo possono emergere percezioni di superiorità o inferiorità e relativi comportamenti razzializzanti. Credo che le persone di origine cinese, marocchina, pakistana ecc che vivono in Italia siano continuamente esposte a comportamenti razzializzanti.
Ø la classe sociale – che, si sa, da o toglie potere a seconda che si occupino i gradini più bassi o quelli più alti.
Ø il genere e cioè la gerarchia mai sradicata che fa sì che se sei maschio stai sempre e comunque al di sopra di chi è femmina. Il genere è diverso dal sesso: con il sesso maschile o femminile, salvo rare eccezioni, si nasce; il genere – che non è altro che discriminazione a favore del sesso maschile e a sfavore di quello femminile – ce lo appiccica la società e non ce ne liberiamo mai.
Ø l’età, che gioca a tuo favore solo se non sei più un/a bambino/a e se non hai superato l’età riproduttiva.
Ø l’orientamento sessuale: se non sei eterosessuale puoi essere deriso/a, attaccato/a, discriminato/a, imprigionato/a.
Ø Le disabilità, la religione, la cultura ….
Si parla di ’intersezionalità’, dunque, perché ognuno di noi è il punto di intersezione e sovrapposizione dei diversi tratti sociali elencati sopra, che si fortificano o indeboliscono a vicenda. Se sei di pelle scura in un paese dove la maggioranza è di pelle chiara, e sei donna, cioè il genere discriminato, e magari di una religione stigmatizzata in questo paese l’intersezione delle tue caratteristiche sociali (minoranza + genere + religione) evidenzia un alto livello di vulnerabilità.
Ma l’intersezione tra le tue diverse caratteristiche sociali può anche renderti meno vulnerabile. C’è chi ha addirittura affermato che la classe sociale abbia il potere di sbiancare il colore della pelle, cioè i soldi possono ridurre il disagio di non avere la pelle del colore ‘giusto’.
Anche l’età gioca in modo diverso a favore o sfavore delle femmine e dei maschi: un maschio potrebbe essere affascinante anche non essendo più in età riproduttiva (il cosiddetto ‘fascino dei capelli grigi’); una donna potrebbe essere considerata vecchia solo perché non corrisponde (più) ai canoni di avvenenza prevalenti. Quindi età e genere si intersecano in maniera dinamica.
E’ importante ricordare che le nostre vulnerabilità possono aumentare o scomparire in relazione a quelle del/la nostro/a interlocutore/interlocutrice. Cioe’ l’intersezionalità è relazionale.
Per fare un esempio: le persone di sesso maschile traggono potere dall’appartenenza al proprio genere. La gerarchia di genere è cosi radicata che tende ad avere la meglio anche su questioni di classe, cioè un maschio di classe inferiore può sentirsi in diritto di dominare una donna anche se di classe sociale superiore, appunto perché il suo genere lo protegge.
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Quell’uomo sul bus a Bologna forse non conosce(va) il termine ‘intersezionalità’’ ma sicuramente aveva ben chiaro come usare tutti gli elementi intersezionali che poteva cogliere in relazione agli interlocutori per colpire duro chi gli stava di fronte.
Per me ha usato tutti gli appellativi con cui in questo paese si tende a rivolgersi a una donna che osa contraddirti, con dettagliata descrizione di atti sessuali che, nella sua testa, indicano degradazione e soggezione. Avrebbe potuto fare lo stesso se a dirgli “mascherina sì, razzismo no” fosse stato un maschio? Ad un maschio avrebbe detto come lo avrebbe violentato? Nel dettaglio? L’avrebbe fatto in presenza di una bambina di nove anni?
Poi mi ha colpita sull’essere vecchia e in quanto tale superflua nel mondo e orrenda. Spiegando che dovevo morire perché sto al mondo a mangiare pane a ufo. Che una persona non giovane possa lavorare non lo ha sfiorato. Che una persona non giovane sia solo un peso per la società e debba scomparire al più presto per lui era un dato di fatto, non un’interpretazione. Avrebbe detto le stesse cose se fossi stata un maschio? Forse si, perché’ il maschio vecchio vale meno del maschio giovane e può essere abbattuto.
Infine mi ha colpito nel mio attributo … sociale: l’IPhone, telefono da ricchi, quando ho detto “adesso basta, chiamo il 113”. Ma non poi così tanto da ricchi da infondergli vera soggezione di classe.
Le antenne sociali hanno permesso a quell’uomo di valutare intersezionalmente anche il proprio potere verso i due uomini aggrediti verbalmente prima che io mi offrissi in pasto. Erano maschi come lui, ma potevano essere discriminati sulla base del diverso colore della pelle, e probabilmente del loro status sociale: se sono neri (marrone scuro, marroncino chiaro) sono poveri, no? Quanti neri ricchi vediamo per strada in Italia?
Quando siamo scese dal bus, dopo che quell’uomo mi aveva insultata un’ultima volta prima di allontanarsi, io e mia figlia siamo scoppiate in singhiozzi. Ho spiegato a mia figlia che piangevo solo per la troppa tensione, e che l’avrei rifatto. Lei ha detto che piangeva per la paura, di quell’uomo e di perdere la sua mamma.
Ieri, dopo quasi due settimane dal fatto del bus a Bologna, dopo molte reticenze, mia figlia mi ha detto che le parole e l’aggressività di quell’uomo sul bus le rimbombano ancora nella mente.
E intanto a Civitanova Marche, un uomo con le stampelle – Alika Ogorchukwu - e’ stato ucciso di botte da un altro uomo che aveva la pelle un po’ piu’ chiara ed era un po’ piu’ sano. Tra l’indifferenza generale.
Buongiorno Italia e buona estate!
Mi spiace moltissimo ma almeno tua figlia ha avuto, insieme alla paura, la testimonianza da sua madre. di come era giusto comportarsi. Ma le persone vicine non hanno detto niente? C’erano altre persone? Mi fa impressione che succedano cose così violente che purtroppo possono sfociare anche in atti omicidi
Grazie Antonella per il contributo che diviene di grande attualità dopo la tragedia di Civitanova Marche